IL MANIFESTO NON RICHIESTO, NON UFFICIALE, SCORRETTISSIMO DI SERYOU


I social ormai sono nella nostra vita quotidiana come le lezioni online, le pulizie, i cenoni con i parenti. Ci sono, sono da fare che ci piacciano o meno.

Ognuno ha il suo modo di rapportarsi con facebook, instagram o tiktok: c’è il superfanatico, il superintellettuale, il superpolemico. Insomma, tutti “super”.
Poi ci sono i genitori che vi dicono che siete continuamente attaccati al telefono, i vostri zii superinformati, farciti da strati di fake news accumulati, che vi assillano dicendo che se continuerete ad usare così tanto il telefono perderete tutte le dita, vi spunteranno delle antenne dalla testa e diventerete queste mitiche creature volanti, solamente perché avete controllato la notifica di un messaggio. Tra l’altro, era la vostra compagnia telefonica per dirvi che avete esaurito il traffico. Tipico.
Poi ci sono gli amici, che sono molto più informati e sul pezzo di voi, che si lamentano che non siete abbastanza aggiornati con le notizie del web, oppure lo siete fin troppo e quindi siete pesanti.


In mezzo, come sempre, ci siamo noi: da che parte stiamo, da quella dei fanatici o quella degli alternativi no-social? C’è una via di mezzo?



I social non vi rubano l’anima, state tranquilli. E se anche fosse, credete proprio che ruberebbero la vostra? Davvero vi credete così interessanti? Potete fare di meglio, su.
La verità è un’altra: siamo impreparati. A scuola ci dicono che il nostro percorso sarà lineare, che sarà facile passare da A a B.  Da bambini della prima elementare nel paese di Leffe, ad astronauti pluripremiati della Nasa. Per evitare del gratuito terrorismo psicologico a dei poveri bambini, non ci dicono che per passare da A a B si deve passare per C. Poi fermarsi a D, poi non si può assolutamente saltare E, poi tornare a C. E quindi è difficile arrivare a B, anzi non è neanche detto che si riesca ad arrivare, a questa maledettissima B.

Ci hanno sempre insegnato che l’importante è arrivare al risultato. Tutto il resto non conta: se si arriva al traguardo, tutti gli sforzi fatti per arrivarci verranno premiati, anche se avete sacrificato all’altare dei vincitori la vostra salute mentale, la vostra vita sociale e qualche offerta tipica dei riti normanni del 1066, perché sì, avete consultato anche quelli. Motivo per cui, se riusciamo in un nostro obiettivo, dalla vittoria alla partita di calcetto del venerdì sera, alla laurea o al contratto di lavoro indeterminato, ci sentiamo orgogliosi. Siamo fieri e realizzati, perché abbiamo fatto il nostro dovere. Ma quando manchiamo l’obiettivo o semplicemente impieghiamo più tempo del previsto, allora l’incantesimo si spezza. Siamo insoddisfatti. Siamo dei falliti.

Nel 2020 e non possiamo basare tutta la nostra vita sul risultato, non ci stiamo più. 

Una cosa che insegnano i social – possono insegnarvi qualcosa oltre a rubarvi la privacy – è il mentre, non il fine. 

I social ci piacciono perché diventiamo quei bambini monelli che spiano i più grandi. Sappiamo che non potremmo farlo, ma lo facciamo comunque. Ci piace l’adrenalina che scorre nelle vene, quella narcisistica sensazione di avere un punto di vista non ufficiale. Siamo tutti maledettamente curiosi: bramiamo i retroscena e tutto ciò che è di più simile alla realtà.
Come quando qualcuno decide di montare un armadio. Non vogliamo l’armadio finito, a chi interessa? Vogliamo sapere: come ha costruito l’armadio? è partito prima dalla base o da qualche punto a caso? Ha sbagliato e ha dovuto rifare? Ha perso qualcosa? L’ha montato da solo o con un qualcuno?
Il risultato già pronto è tremendamente noioso. Ci piace capire come fare le cose.



Vogliamo i tutorial, vogliamo imparare, vogliamo esercitarci. Per magari a nostra volta insegnare a qualcun altro. Con i social mostriamo, o quantomeno accettiamo in una piccola, microscopica parte di noi stessi, che non siamo totali, siamo vulnerabili. Non siamo mai così allo scoperto come quando proviamo a imparare qualcosa: quanto potenziale c’è nella vulnerabilità?

Non pensate in difetto: “non sono così, allora non vado bene”. Ma, “non sono così, va bene. Cos’altro potrei essere?” Quello che voglio, o provare ad esserlo.
I social ci danno gli strumenti, se glielo permettiamo.

Questo manifesto non è un inno alla magnificenza e alla grandiosità dei social, di conseguenze negative ce ne sono. Ci mostrano tutto ciò che eviteremmo volentieri: la vulnerabilità, il confronto con gli altri, la sensazione che qualsiasi cosa facciamo siamo sempre un passo indietro rispetto agli altri, che dovremmo essere sempre produttivi e al massimo.

Siamo bombardati da una quantità indefinibile di informazioni, di foto e video.
Ma è proprio qui, che sta lo scacco: non dobbiamo subire tutto questo carico di informazioni in modo passivo. Dobbiamo essere attivi, cercare selezionare e fare nostro ciò che è sopravvissuto da questo processo di scrematura.
Dal momento in cui invece che subire il gioco ne diventiamo i conduttori, allora le carte in tavola cambiano.


Noi abbiamo passioni e non vogliamo limiti: ognuno può intraprendere la propria passione, farla diventare un lavoro oppure no. Senza pressioni.


Noi vogliamo sbagliare, provare, tornare indietro e non sentirci in colpa se non stiamo seguendo un percorso prefissato. E poi, prefissato da chi? Dal grande capo delle tappe della vita? Io non l’ho mai visto, non credo neanche abbia un ufficio nell’amministrazione comunale.

Guardate video, leggete, tenetevi informati. 



Seguite persone che hanno i vostri stessi interessi, consigliatevi, confrontatevi. Non fermatevi mai, abbiate la volontà di mettervi in gioco, anche se non vi sentite all’altezza. Non esiste nessuna altezza. Tutti ci meritiamo di provare e di sbagliare, sbagliare è un merito, non una vergogna. E i Social sono un buon modo per iniziare: sbizzarritevi: fate collaborazioni, create chat dove discutere, incontratevi – ecco, magari quando la situazione sarà migliorata.

Scrivete, parlate, montate, fotografate, costruite. 

I social di per sé non sono buoni o cattivi, siamo noi, che usandoli, possiamo decidere cosa farne. Ed è questo l’obiettivo di Seryou: darvi un punto di partenza, un luogo virtuale dove conoscere gli altri e sé stessi, creare contatti virtuali e reali, coltivando passioni, sogni e idee. E perché no, magari anche un aperitivo.



Siamo nel 2020, e siamo affamati.  Vogliamo fare, vogliamo creare, vogliamo accendere le vostre idee.

E se anche voi volete tutte queste cose, seguite Seryou, fatene parte e fatevi stravolgere completamente. 


La redazione.

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